Si vuole che le mura di questo splendido paese siano state opera della mano di Cam, figlio di Noè, che caccio il fratello Japet dalla Sicilia.

Questi luoghi allora rimasero possedimento dei discendenti di Cam e del suo popolo. Dal vicino Etna i Ciclopi amavano passare per queste colline e non dovevano di certo impiegare molto tempo per compiere il tragitto, una bella passeggiata tra mare e colline, delle quali spesso staccavno le cime, per fare delle colline e dei monti sedili da dove ammirare le bellezze naturali e riposare il corpo dalle fatiche del loro lavoro.

Ma i ciclopi aggiungevano anche un'altra occupazione: le cime spezzate venivano scagliate a gara tra loro sul mare jonio sottostante per collocare qua e là scogli e promontori e rendere più affascinanti baie, spiagge e golfi sui quali si frangono le onde spumeggianti, che contornano l'azzurro di un mare sempre bello.

Così il promontorio Sant'Andrea, tra Mazzarò e l'Isola Bella, si afferma che sia stato formato dalla cima del monte Ziretto, che lo sovrasta proprio dall'alto e che un ciclope spezzò e mando giù per gioco le baclofène.

In questo modo i nostri avi hanno voluto magnificare le bellezze di questi luoghi sui quali hanno hanno voluto vivere e che hano amato e rispettato. Anche i nostri padri hanno mantenuto lo stesso attaccamento, ed hanno consegnato alle nostre generazioni impegni e messaggi, che alcuni spesso hanno dimenticato, anche se poi, dimentichi del danno che abbiamo arrecato, sentiamo nostre le bellezze rimaste e ci gloriamo di quello che Iddio ha voluto donarci.

E se la vita, con le sue lotte, i suoi dolori, le gioie e le esaltazioni, ma anche le prostrazioni e le lacrime, passa su queste contrade, viene addolcita dal bello, che rasserena e conforta, apre l'animo alla contemplazione ed alla scoperta dell'infinito, mentre il cuore si sublima e si esalta nella contemplazione estatica della natura.

Castelmola Taormina e dintorni di Arturo D'Agostino - Giardini Naxos 2007

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